Giovanni Macciotta


Torino, 12 maggio 1927. 1993

 

“Quasi tutti i pittori per bene si ricordano delle mostre che hanno fatto, dei critici che hanno scritto delle loro opere. Forse sorridono di un collega che non ha un patrimonio di medaglie, di presentazioni illustri, di un curriculum importante. Io amo dipingere, pescare, qualche volta scrivere; camminare in montagna al mio paese, in riva al mare a Spotorno o nella vecchia Bordighera, lassù, in alto, con il mio amico Seborga.”

Giovanni Macciotta

 

“L’artista si avvicina al gruppo “Surfanta” alla cui rivista collaborerà con opere e scritti sino al giugno del 1966. Enrico Paolucci, vecchio maestro dell’artista, gli scriverà: Ritrovo oggi, in questi tuoi nuovi dipinti, maturi e sicuri, la mano e lo spirito dello scolaro di allora, ma che ha valicato le paludi del surrealismo di maniera, ed è approdato a un suo mondo tra metafisico e romantico, in cui si aggirano, almeno mi pare, Verlaine, Baudelaire, Guido o forse Sbarbaro.

Tutto, certo, riscattato da un’eccezionale bravura che ha solido impianto e radice nella oggi un po’ bistrattata (o rimpianta) della pittura.

Questa tua arte che scruta il passato evocando fantasmi e mondi perduti, sgretolati, e ricca di una sua ferma e pacata sonorità, fuori da ogni facile accademismo.”19

 

 

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19 Massimo Melotti, Carlo Munari, La Città Magica. Arte surreale e fantastica a Torino. Vercelli, Giorgio Tacchini Editore, 1979, p.162